SIATE MISERICORDIOSI COME IL PADRE (Lc.6,36)
“Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.”
Tema Pastorale 2016
“Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.” (Papa Francesco, “Miserocordiæ vultus”)
Con queste parole il Santo Padre ci invita a celebrare l’Anno Giubilare della Misericordia che inizierà con l’apertura della Porta Santa a Roma e nelle cattedrali e nei santuari di tutto il mondo dall’8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016.
Il Santuario di Lourdes, per decisione di Monsignor Brouwet, fa eco a questo invito di papa Francesco ed è con immensa gioia che offre queste riflessioni sulla misericordia per aiutare tutti i pellegrini a vivere quest’Anno Giubilare accompagnati da Nostra Signora di Lourdes, Madre di Misericordia e da Bernadette, testimone della misericordia di Dio.
I – CHE COS’È LA MISERICORDIA?
Nel linguaggio quotidiano la misericordia è un sentimento che ispira un atteggiamento e alcuni gesti. Il dizionario dà la seguente definizione “è il sentimento attraverso il quale la miseria altrui tocca il nostro cuore”. Si tratta infatti, di un cuore che diviene sensibile ad ogni situazione di miseria che affligge il nostro prossimo.
La compassione è un modo di esprimere la misericordia e consiste nel patire insieme a colui che soffre, anche se non si può prendere completamente il posto di chi è nella sofferenza.
Ma la misericordia si pratica anche verso colui che non soffre e fa soffrire gli altri. In questo caso, non si tratta più di un sentimento, ma di un atto della nostra volontà che consiste nel perdonare.
Così, quando parliamo della misericordia facciamo riferimento, al tempo stesso, al sentimento di compassione verso chi sta so rendo e all’atto volontario di perdonare e di cancellare il male che è stato commesso.
DIO È MISERICORDIA
Se Dio è misericordia ciò significa che la misericordia è un dono.
Dono del Padre perché ci consegna il suo Figlio unico “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito…” (Gv 3,16). “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.” (Gv,3,17).
Dono del Figlio che si consegna a noi per rivelarci la misericordia del Padre: “Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio.” (Gv,10,17-18).
Dono dello Spirito Santo:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la libe- razione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore.” (Lc 4,18-19).
“Con lo sguardo fisso su Gesù e il suo volto misericordioso possiamo cogliere l’amore della SS. Trinità. La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza. ‘Dio è amore’ (1 Gv 4,8.16), afferma per la prima e unica volta in tutta la Sacra Scrittura l’evangelista Giovanni. Questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesù. La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione.” (Papa Francesco, “Misericordiæ vultus”)
LA CHIESA, SACRAMENTO DELLA MISERICORDIA DEL CRISTO.
“L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole. La Chiesa ‘vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia’ [8]. Forse per tanto tempo abbiamo di- menticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di preten-dere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa. Dall’altra parte, è triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. Per noi la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza.” (Papa Francesco, “Misericordiæ Vultus”)
“Il linguaggio e i gesti della Chiesa devono trasmettere la misericordia per penetrare il cuore delle persone ed incitarle a ritrovare la strada del ritorno al Padre. Là dove la Chiesa è pre- sente, la misericordia del Padre deve essere manifestata… là dove ci sono dei cristiani chiun- que deve poter trovare un’oasi di misericordia.” (Papa Francesco, “Misericordiæ vultus”)
LA MISERICORDIA CREA LA FRATERNITÀ: “LE OPERE DI MISERICORDIA.”
È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di miseri- cordia corporale e spirituale…. Riscopriamo le opere di misericordia corporale:
Dare da mangiare agli affamati.
Dare da bere agli assetati.
Vestire gli ignudi. Accogliere i forestieri. Assistere gli ammalati. Visitare i carcerati.
E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituali:
Consigliare i dubbiosi. Insegnare agli ignoranti. Ammonire i peccatori. Consolare gli afflitti. Perdonare le offese. Sopportare pazientemente le persone moleste.
Pregare Dio per i vivi e per i morti
(Papa Francesco, “Misericordiæ Vultus”)
Nel Vangelo, la Beatitudine della Misericordia: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt.5,7), ci insegna che:
– la misericordia è solidarietà ed impegno d’amore efficace per i fratelli che sono nel bisogno e nella miseria;
– la misericordia è perdono e riconciliazione delle offese ricevute e commesse.
Il Signore ci insegna che la pratica della misericordia è una via universale che crea legami di fra- ternità tra gli uomini. È il messaggio della parabola del buon Samaritano (Lc.10,29-37). Alla fine della parabola, Gesù pone questa domanda: “Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo a colui che è incappato nei briganti?”
Questo vuole dire che nessuno di loro è stato fratello del ferito. Avrebbero potuto esserlo, ma in effetti lo è stato solo colui che si è mostrato misericordioso con lui”. Per Gesù, essere fratello non è qualche cosa di “automatico”, come un diritto acquisito. Non siamo fratelli finché non abbiamo agito come tali, siamo invitati a diventarlo attraverso la pratica della misericordia.
Il Vangelo ci insegna che di fatto non siamo fratelli. L’esperienza dell’odio, della divisione, dell’ingiustizia e della violenza ci prova tutti i giorni che è il contrario. Non siamo fratelli ma siamo invitati a diventarlo. Gesù infatti ci invita e ci dà la forza per “diventare fratelli”. Ma ciò dipende da una scelta concreta che dobbiamo fare e che impegna la nostra libertà, quella di essere caritatevoli e misericordiosi.
Il samaritano è diventato il fratello del ferito. Non a causa della sua religione, della sua razza, della sua nazionalità, della sua ideologia, ma semplicemente per la pratica di un atto di mi- sericordia.
Così il mio prossimo non è quello che condivide la mia religione, la mia patria, la mia famiglia o le mie idee. Il mio prossimo è quello con il quale condivido la mia vita perché abbiamo bisogno gli uni degli altri.
Per avvicinarsi all’uomo ferito, il buon samaritano ha dovuto fare uno sforzo per uscire da se stesso, dalla sua razza, dalla sua religione, dai suoi pregiudizi. “…I Giudei infatti non man- tengono buone relazioni con i Samaritani” (Gv.4, 9). Ha dovuto lasciare da parte il suo mondo ed i suoi interessi personali. Ha abbandonato i suoi progetti, ha donato il suo tempo ed il suo denaro. Per ciò che riguarda gli altri personaggi della parabola, il prete ed il levite, essi non han- no voluto abbandonare i loro progetti che considerano più importanti dell’invito a divenire fratello del ferito.
Essere fratello di qualcuno presuppone di uscire dal “nostro mondo” per entrare nel “mondo dell’altro”. Condividere la sua cultura, la sua mentalità, i suoi bisogni, la sua povertà.
Diventare il fratello dell’altro, è come un esodo, una riconciliazione. Le “opere di misericordia” sono l’opportunità che ci è data, durante il pellegrinaggio della nostra vita, per essere “misericordiosi come il Padre”, vale a dire, giusti e caritatevoli per essere in comunione gli uni con gli altri.
LA MISERICORDIA CHE VA PIÙ LONTANO DELLA GIUSTIZIA: IL PERDONO.
La misericordia, come il perdono delle offese, è l’altro volto dell’amore fraterno. Se la mi- sericordia come impegno costruisce la fraternità, il perdono reciproco ricostruisce e consolida la fraternità. Evita che la divisione ed il rancore che producono le offese paralizzino la comunità.
Che cos’è la riconciliazione cristiana? La riconciliazione è il ritorno dell’amicizia o della fraternità tra persone, famiglie, gruppi sociali o paesi, chiamati ad essere fratelli, che hanno rotto questa fraternità o questa amicizia. La riconciliazione è più grande della “conciliazione” (che è un compromesso più o meno provvisorio tra le parti): è la restaurazione della fraternità distrutta. È per questo che la riconciliazione assume la formula di un “ritorno”, di una ricostruzione, di un ritrovarsi: “Mi alzerò e andrò da mio padre…” (Lc.15,18) “…partì e si incamminò verso suo padre…” (Lc 15-20), in questa parabola, il figlio prodigo cerca di ricostruire la relazione col padre.
La celebrazione del sacramento della riconciliazione è il luogo dove la conversione a Dio e la ri- conciliazione con Lui e gli altri diventano un avvenimento attuale nelle nostre vite. Là, realmente e sacramentalmente rimpiangiamo gli errori commessi ed accogliamo la presenza di Dio che, a sua volta, riceve la nostra conversione e ci dona la sua grazia d’amore e di misericordia.
Nella celebrazione di questo sacramento, l’incontro vivificante col Cristo, prende la forma del perdono e della misericordia. È vero che siamo invitati a pentirci ed a chiedere perdono, al di fuori del sacramento della riconciliazione. Ma questi pentimenti sono come una preparazione per il grande incontro sacramentale con Colui che è la sorgente di ogni misericordia: il Cristo. Allo stesso tempo, il nostro pentimento e la nostra conversione vengono confermati dalla grazia del sacramento, ed acquistano così una dimensione ecclesiale, vale a dire, per il bene di tutto il Corpo di Cristo e di tutta la Chiesa.
In conclusione, la nostra autentica partecipazione al sacramento della riconciliazione ci ha introdotti in un’autentica esperienza dello Spirito Santo che ci identifica con la morte del Cristo, questo significa morire ai nostri peccati, alle loro radici, alle tendenze profonde del male che sono in noi, e che solo lo Spirito può strappare.
La celebrazione di questo sacramento è sempre un nuovo inizio, un ra orzamento del nostro spirito per andare al di là delle nostre debolezze e delle nostre tentazioni: è un’esperienza che ci fa incontrare il volto misericordioso del Cristo.
II – LOURDES, IL PELLEGRINAGGIO DELLA MISERICORDIA
LA PORTA DELLA MISERICORDIA
“Il pellegrinaggio è un segno peculiare nell’Anno Santo, perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza. La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è viator, (viandante) un pellegrino che percorre una strada no alla meta agognata. Anche per rag- giungere la Porta Santa a Roma e in ogni altro luogo, ognuno dovrà compiere, secondo le proprie forze, un pellegrinaggio. Esso sarà un segno del fatto che anche la misericordia è una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrificio. Il pellegrinaggio, quindi, sia stimolo alla conversione: attraversando la Porta Santa ci lasceremo abbracciare dalla misericordia di Dio e ci impegneremo ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi.” (Papa Francesco, “Misericordiæ Vultus”)
In quest’anno giubilare, il nostro pellegrinaggio, personale o comunitario, avrà l’opportunità di varcare la Porta della Misericordia che si trova all’entrata San Michele. Questa porta sarà in diretta comunicazione col Calvario Bretone dove potremo contemplare Gesù crocifisso, morto per noi e porta della misericordia. Nello stesso momento contempleremo la Vergine Maria, madre del crocifisso, ai piedi della Croce.
“Ora, vicino alla croce di Gesù, si trovavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Clèofa, e Maria Maddalena. Gesù, vedendo sua madre, e vicino a lei il discepolo che amava, disse a sua madre: “Donna, ecco il tuo figlio!” Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!” E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.” (Gv 19,26-27).
“Ecco il tuo figlio…”, questa frase pronunciata da Gesù non è una semplice raccomandazione che Gesù fa a sua madre, è un modo di mettere in evidenza un nuovo modo di essere generato dalla maternità di Maria.
Il discepolo che egli amava…” è quello che Gesù ama di un amore preferenziale, l’amore che occupa il primo posto nella relazione: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga.” (Gv 15,16). Si tratta anche di un amore che fa dell’altro un “discepolo”, “un amico”, è l’amore che perfeziona” (rende perfetti): “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore”(Gv15,10).Ed il frutto di questo amore è la gioia perfetta: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11).
L’espressione “il discepolo che egli amava” è meno indicativa di un amore di predilezione per un discepolo in particolare, che non una spiegazione che miri a localizzare il discepolo in quanto tale nella sfera dell’amore e della misericordia. L’espressione ha un valore simbolico dunque e designa tutti i credenti. È il credente che viene a dato a Maria e che la riceve come Madre. È il pellegrino che è a dato a Maria.
È in questa prospettiva che bisogna comprendere che: “E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa” (Gv 19,27). Questa “sua casa” non si riferisce solo alla casa, ma indica anche tutti i beni che gli appartengono in quanto discepolo, il legame di fede che lo unisce al Cristo e che si esprime in pratica nel comandamento dell’amore. È in questo spazio spirituale che il discepolo riceve Maria come madre. È in questo spazio spirituale che Bernadette ed i pellegrini di tutti i tempi accolgono la presenza di Maria come madre.
Maria, madre di misericordia, è sempre presente nella vita del credente al servizio dell’alleanza tra suo Figlio ed i suoi discepoli. Questa alleanza ha un nome: la misericordia.
L’11 febbraio 1858 Bernardette riceve la grazia di “fare bene il segno della croce”: “Volevo fare il segno della croce, ma la mia mano ricadde come paralizzata finché non l’ebbe fatto la Signora e, in quel momento, anch’io, lo potei fare”.
Per “fare bene il segno della croce” le è bastato guardare la Signora e farlo come lei stessa lo faceva. Numerosi testimoni ci diranno che grazie a questo semplice gesto, fare bene il segno della croce, sembrava che entrasse in un’altra realtà. Quest’altra realtà è quella che il Signore ci propone nel Vangelo: passare dal peccato alla grazia, dall’egoismo alla condivisione, dalla divisione alla comunione, dall’isolamento all’incontro, dalla tristezza alla gioia, dall’odio al perdono, eccetera…
Varcando la Porta della Misericordia siamo invitati, con Maria e Bernadette, a fare il segno della croce per mostrare così la nostradecisionedientrarenella realtà della grazia della misericordia per noi e per tutti coloro che avviciniamo.
LA GROTTA
La Grotta di Lourdes è il luogo dove Bernadette Soubirous ha incontrato per 18 volte, tra l’11 febbraio e il 16 luglio 1858, la Vergine Maria, la Madre di Dio.
Questo incontro era in prospettiva di un terzo incontro, quello con il Cristo. Durante tutte le apparizioni, la Vergine si presenta sempre come colei che si mette al servizio di Bernadette per farle scoprire a poco a poco ed attraverso una catechesi ed una pedagogia formidabile, la presenza della sorgente in fondo alla cavità.
La sorgente che Bernadette scoprirà durante la nona apparizione è il simbolo stesso di tutto il messaggio che Maria a da a Bernadette. Questa sorgente simboleggia la persona stessa del Cristo. Quando la Signora dice a Bernadette “Vada a bere alla sorgente e vi si lavi” è un invito che la invia ad entrare nel mistero della vita di suo Figlio. Non basta scoprire la sorgente (il Cristo), bisogna anche bere alla sorgente e lavarsi. Ciò vuol dire nutrirsi della Parola di Dio e lasciarsi trasformare dalla sua presenza sacramentale nella Riconciliazione e nell’Eucaristia.
La Grotta è anche il luogo del silenzio e della preghiera necessaria per dialogare col Signore.
La Grotta è anche il luogo di un principio, di un inizio, di una partenza, di una novità, la Grotta è un luogo d’incontro dove l’uomo e la donna si scoprono belli agli occhi di Dio, gentili agli occhi degli altri.
Alla Grotta di Lourdes, nascono degli amori e delle amicizie di tutta una vita e sono numerosi coloro che sentono la chiamata e ricevono la grazia di dedicare la loro esistenza al Signore ed ai loro fratelli.
Davanti alla Grotta, scopriamo la presenza materna di Maria e facciamo l’esperienza del volto materno della Chiesa, è per questo che la Grotta è un luogo di accoglienza, di ascolto, di comprensione, di apertura all’altro, della preferenza dell’altro a sé, espressa dal dono di sé, dal servizio all’altro.
La Grotta è il riflesso dell’umanità nuova, di una creazione nuova.
La Grotta è la bellezza dell’Immacolata Concezione, il meraviglioso incontro della Madonna e Bernadette e la grazia che ne è seguita ha segnato per sempre questi luoghi.
La Grotta è un luogo che accoglie la nostra umanità quale è, con le sue gioie e le sue pene,
le sue ferite, le sue frustrazioni, i suoi insuccessi ed i suoi trionfi . Ed allo stesso tempo, è un luo- go dove facciamo l’esperienza dell’arrivo di Dio nella persona di Maria. Come dice l’apostolo Paolo “Ma laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 6,15).
La Grotta è così il luogo di tutte le misericordie.
LE PISCINE E LE FONTANE
Alla grotta di lourdes, maria introduce bernadette al vangelo. La catechesi di maria raggiunge bernadette in ciò che è: la sua condizione umana segnata dal peccato. Allo stesso tempo, viene raggiunta nella sua realtà, la sua povertà, la sua ignoranza, la sua malattia, la sua indigenza.
Durante le apparizioni penitenziali (8a-11a), su richiesta della Signora, Bernadette compie tre gesti: cammina in ginocchio, bacia il suolo della Grotta e mangia alcune erbe sporcandosi il viso col fango della Grotta.
Questi sono gesti biblici, eminentemente penitenziali che ci rimandano ai grandi momenti della Passione del Figlio di Dio.
Camminare in ginocchio e baciare il suolo della Grotta: è il gesto dell’abbassamento del Figlio di Dio, è il gesto dell’incarnazione “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.” (Fil, 2, 5-8).
Mangiare le erbe che crescevano dentro alla Grotta. Le erbe amare del Libro dell’esodo ci parlano dell’agnello immolato con il quale gli ebrei chiameranno le grazie di Dio: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare.” (Es 12,1-8). Le erbe amare nella Bibbia significano il peccato, ciò che fa male all’uomo. Ed ecco Bernadette ad immagine dell’agnello di Dio che mangia queste erbe per significarci che l’uomo è liberato del peccato grazie al sacrificio dell’agnello di Dio, il Cristo.
Il fango che sfigura il viso di Bernadette è l’immagine del servitore sofferente “tanto era sfigurato per essere d’uomo” di cui ci parla il profeta Isaia (Is 52,14).
Questi gesti realizzati da Bernadette su richiesta della Signora hanno l’obiettivo di farci sco- prire un’altra realtà. Camminare in ginocchio e baciare il suolo sono gesti di abbassamento che sono anche gesti di tenerezza verso il suolo della Grotta. Gli altri due, mangiare erba e prendere del fango, esprimono il desiderio di sgombrare questo suolo. Bisogna passare da questa purificazione a finché possa apparire ciò che è nascosto e che è il vero tesoro: la sorgente. Bisogna amare l’uomo, glio di Dio, che è peccatore, per liberarlo dal peccato, a finché possa scoprire nel suo cuore la sorgente d’amore e di carità, perché l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio: “Vada a bere ed a lavarsi alla sorgente”, dirà Maria a Ber- nadette il 25 febbraio durante la nona apparizione.
Nella contemplazione del Figlio dell’uomo sfigurato, incoronato di spine, insanguinato, contempliamo la tragicità della storia degli uomini. Ma contemporaneamente, nel Figlio dell’uomo, si manifesta l’amore di Dio verso l’umanità: “ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua” (Gv 19,34).
Facendo il gesto di bere e di lavarci esprimiamo il bisogno di questa puri cazione dei nostri sentimenti e delle nostre parole a nché possiamo comunicare coi nostri fratelli, non a livello superficiale, ma a livello della sorgente di carità che riposa in noi. Secondo l’esempio della Samaritana, la nostra conversione è possibile secondo le parole del Cristo: “L’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Jn.4,14).
Passando alle piscine e facendo il gesto dell’acqua, il pellegrino vuole manifestare questo bisogno di essere purificato dalla grazia di Dio e allo stesso tempo chiarisce il desiderio di far sgorgare dal più profondo del suo cuore la carità che è già in lui per comunicarla agli altri. In conclusione, siamo invitati a darci da bere l’un l’altro, ciò vuol dire dare all’altro il meglio di noi stessi. Ho sete della misericordia di mio fratello e mio fratello ha sete della misericordia del mio cuore. Lo sposo deve poter bere e lavarsi nel cuore misericordioso della sua sposa e viceversa. La famiglia è chiamata a comunicare al livello più profondo della misericordia.
LA CAPPELLA DELLA RICONCILIAZIONE
L’11 febbraio 1858, Bernadette, già segnata dall’asma, dalla malnutrizione e dalla fame si reca davanti ad una grotta umida e buia alla ricerca di legna secca e di ossa. In quel preciso momento, dopo aver udito come un “colpo di vento”, gira il suo sguardo verso la Grotta e vede una Signora vestita di bianco, circondata di luce che si riflette sul suo viso che diventa così il segno della luce.
Maria riflette la luce di Colui che è la luce, il Cristo.
Così Bernadette riflette questa luce sul suo volto, perché il suo cuore è illuminato da questa luce. Allo stesso tempo, questa luce le mostra anche le tenebre del suo cuore. È per questo che la ragazza, il sabato successivo, va a cercare l’abate Pomian per con dargli la straordinaria esperienza che ha appena vissuto e confessarsi per la prima volta nella sua vita. L’ incontro col sacerdote è altamente significativo poiché ci suggerisce che questa stessa luce che vede nella Grotta si trova nel sacramento della riconciliazione, dell’Eucaristia, nella vita sacramentale, nella vita nella Chiesa”. Il Cristo è la luce dei popoli. Il Santo Concilio auspica dunque, annunciando a tutte le creature la buona novella del Vangelo, di diffondere su tutti gli uomini la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa”. (Con.Vat.II Lumen Gentium, n°1)
Di fronte all’Accueil Notre Dame, luogo di accoglienza ed incontro delle persone malate e degli hospitalier; sull’altra riva del Gave, si trova la cappella della riconciliazione. Occupa il vecchio Asile Notre Dame. È un bel simbolo: Dio vuole la guarigione totale dall’uomo. Malattia e peccato devono essere ben distinti. Gesù è molto chiaro su questo punto. L’essere umano soffre nell’ essere diviso. Aspira alla riconciliazione: con se stesso, con gli altri, col mondo che lo circonda ma anche con Dio, il suo Creatore ed il suo Salvatore.
La cappella della riconciliazione è la più bella di tutte le cappelle del Santuario, non per la sua bellezza materiale ma per la bellezza di ciò che si vive dentro a questo edificio: un penitente, attraverso il suo desiderio di conversione grazie al perdono chiesto e ricevuto, e il sacerdote, ministro della misericordia, dicono di nuovo in modo concreto il Sì dell’alleanza di misericordia che Dio fa con tutta l’umanità.
GLI “ACCUEILS”: NOTRE DAME E SAINT FRAI
Gli “Accueils” dei malati sarebbero solamente strutture collettive uguali a tutte le altre se non vi fossero le Hospitalités, formate da decine di migliaia di volontari che, ogni anno, offrono il loro tempo e spendono il loro denaro per accompagnare o accogliere a Lourdes persone malate o handicappate.
Lourdes è un luogo dove è possibile, per tante persone, vivere la parabola del Buon Sama- ritano. Il Samaritano si è fermato, mentre forse aveva fretta. Non ha indietreggiato davanti alla ferita dell’uomo mezzo morto. Parimenti, gli hospitaliers fermano la corsa delle loro occupazioni o del loro tempo libero e scelgono di occuparsi di coloro che il nostro attuale stile di vita relega spesso nei luoghi appartati.
Il Samaritano è molto contento di trovare una locanda dove può portare al sicuro il ferito raccolto al bordo della strada. Lo affida a qualcun’altro, senza disinteressarsi di lui poiché ripasserà e regolerà il supplemento. È un buon esempio per gli hospitaliers: il malato non appartiene a loro.
Non sarebbe più Lourdes se avessimo costruito dei bei Accueils, gestiti da personale qualificato, ma senza la gratuità della presenza dei volontari. Sarebbe un peccato per le per- sone accolte ma anche per i volontari, perché servire è un cammino di scoperta, un cammino di fede al Servitore. È bellissimo che a tanti giovani sia gradito occuparsi di questo servizio (Monsignor Jacques Perrier: “Il Vangelo di Lourdes”).
Preghiera del Giubileo
Signore Gesù Cristo,
tu ci hai insegnato a essere misericordiosi come il Padre celeste, e ci hai detto che chi vede te vede Lui. Mostraci il tuo volto e saremo salvi.
Il tuo sguardo pieno di amore liberò Zaccheo e Matteo dalla schiavitù del denaro;
l’adultera e la Maddalena dal porre la felicità solo in una creatura; fece piangere Pietro dopo il tradimento, e assicurò il Paradiso al ladrone pentito. Fa’ che ognuno di noi ascolti come rivolta a sé la parola che dicesti alla samaritana: Se tu conoscessi il dono di Dio!
Tu sei il volto visibile del Padre invisibile, del Dio che manifesta la sua onnipotenza soprattutto con il perdono e la misericordia: fa’ che la Chiesa sia nel mondo il volto visibile di Te, suo Signore, risorto e nella gloria. Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch’essi rivestiti di debolezza per sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore; fa’ che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso, amato e perdonato da Dio.
Manda il tuo Spirito e consacraci tutti con la sua unzione perché il Giubileo della Misericordia sia un anno di grazia del Signore e la sua Chiesa con rinnovato entusiasmo possa portare ai poveri il lieto messaggio, proclamare ai prigionieri e agli oppressi la libertà e ai ciechi restituire la vista.
Lo chiediamo per intercessione di Maria Madre della Misericordia a te che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
Papa FRANCESCO
Papa Francesco, nello scorso mese di marzo, ha annunciato un Giubileo straordinario della Misericordia che si svolgerà dall’8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016: “La misericordia è la parola chiave del Vangelo. Possiamo dire che è il ‘volto’ di Cristo, il volto che ha manifestato
quando andava all’incontro con tutti, […] e soprattutto quando, inchiodato sulla croce, ha perdonato; abbiamo in quel momento il volto della misericordia divina. Il Signore vi invita ad essere dei “canali” di questo amore, soprattutto nei confronti degli ultimi, dei più poveri, che sono i privilegiati ai suoi occhi. Lasciatevi interrogare incessantemente dalle situazioni di fragilità e di povertà con le quali siete in contatto, e cercate di offrire in modo adeguato la testimonianza della carità che lo Spirito sparge nei vostri cuori (cf. Rm 5, 5)”. Durante quest’Anno Santo, il Santuario di Lourdes, luogo giubilare, inviterà tutti a vivere il pellegrinaggio della Misericordia.
Lourdes, il programma del Giubileo Straordinario della Misericordia
Lourdes, luogo di Misericordia, luogo giubilare
Lunedì 10 agosto, presso l’Emiciclo Santa Bernadette del Santuario Nostra Signora di Lourdes, si è tenuta la conferenza stampa durante la quale è stato annunciato il programma locale del Giubileo Straordinario della Misericordia, indetto da Papa Francesco per il 2016.A presentare l’evento e le iniziative che avranno luogo nel santuario mariano dall’8 dicembre 2015 al 13 novembre 2016, è stato padre Xavier d’Arodes, coordinatore della pastorale internazionale del Santuario. «Non appena il Papa ha indetto l’anno giubilare straordinario – afferma padre d’Arodes -, abbiamo pensato fosse doveroso impegnarsi per far si che Lourdes fosse luogo giubilare. Noi del Santuario abbiamo il dovere di mostrare a tutti la tenerezza, la compassione e la vulnerabilità di Dio. E dobbiamo farlo attraverso segni estremamente chiari, come ci chiede Papa Francesco. Il pontefice non ci domanda qualcosa di marginale, bensì qualcosa di essenziale che è al centro della nostra Fede e che consiste, appunto, nel mostrare questa tenerezza e questa disponibilità. Lourdes, in questo senso, è un esempio evidente dell’amore di Dio».Nella bolla d’indizione Misericordiae Vultus, il santo padre definisce il pellegrinaggio come “segno peculiare nell’Anno Santo, perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza. La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è viator, un pellegrino che percorre una strada fino alla meta agognata”.
«Noi speriamo che le persone approfittino di tale occasione per poter intraprendere questo pellegrinaggio – continua il cappellano francese -. Nei gesti e nei volti dei volontari e dei pellegrini, possiamo scorgere quanto Lourdes sia un luogo dove la Misericordia è, allo stesso tempo, ricevuta, attraverso la Conversione dei cuori, e donata. Credo sia chiaro che il nostro Santuario non poteva essere assente da quest’anno giubilare». I pellegrini troveranno la porta Santa presso l’ingresso Saint Michel, all’altezza del calvario bretone: «Nel dibattito sul dove erigerla – confessa padre d’Arodes -, si è pensato sia alla Grotta sia all’ingresso di una Basilica. Alla fine, però, l’evidenza è venuta a galla e ci siamo ritrovati d’accordo sul fatto che la porta andava installata presso uno degli ingressi principali, per far si che i pellegrini potesssero comprendere che l’intero Santuario è un luogo di misericordia. Inoltre, abbiamo pensato al calvario bretone per mostare che la Croce di Cristo è un luogo di Misericordia. In questo senso, stiamo studiando una soluzione per realizzare nello stesso punto un qualcosa dove ciascun pellegrino possa segnare il passaggio dalla croce. L’idea è quella di poter associare una liturgia e un gesto».Infine, dopo aver ringraziato i direttori di pellegrinaggio e le associazioni che, come l’Unitalsi, si sono già fatte avanti per aiutare il Santuario nell’organizzazione pratica di quest’anno giubilare straordinario, il coordinatore della pastorale internazionale ha precisato: «Il nostro calendario camminerà di pari passo con il calendario della Santa Sede. Infatti, Papa Francesco ha chiesto che le iniziative possano essere organizzate localmente. Avremo il giubileo degli adolescenti e quello dei giovani, il giubileo dei sacerdoti e quello della vita consacrata, il giubileo dei catechisti e quello dei volontari. Vi posso assicurare che vivremo un qualcosa di molto interessante e ribadisco che il nostro intento è quello di essere, con il Vaticano, in un rapporto non di concorrenza, ma di complementarietà».